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L'odio digitale

Emergenza continua

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Ucciso per una frase su Facebook, denigrato sulle reti sociali per l'orientamento sessuale, insultato pubblicamente per la provenienza culturale e o religiosa. Ormai il bollettino quotidiano dei media ci regala un bilancio di vittime reali, non immaginarie, da riportarci indietro di almeno qualche secolo.
Lasciando da parte falsi moralismi e perbenismi di circostanza, viene da chiedersi se veramente non sia necessario porree un limite tecnico a tutto quello che sta succedendo. Se la globalizzazione dell'odio non è un fenomeno recente, recente è la visibilità su scala mondiale.
Si scrive con la pancia, non si riflette minimanente su quanto la penna o la tastiera possa far male più di un coltello. Perchè la ferita è più profonda in quanto tende a isolare, escludere, non solo  a far male.
Viene da chiedersi se questa comunicazione così orizzontale, in cui tutti possono scrivere di tutto e di più, sia veramente una libertà di espressione e o più semplicemente un inno all'insulto libero. Se l'educazione civica è andata a farsi benedire ormai da decenni, la cosa più grave è che i modelli che dovrebbero dare gli esempi ai più giovani sono i primi a praticare questo sport nazionale, dove tutto è lecito.
L'odio digitale sta diventando il pane quotidiano, gli inglesi lo chiamano hate speech, la spirale del silenzio copre anche le manifestazioni più violente, esiste anche un opzione su Facebook chiamata non mi piace (dislike), usiamola più spesso..

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