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Il dittatore dagli occhiali scuri. Il neoliberismo nel Cile di Pinochet.

Breve panorama della politica economica adottata in Cile tra il 1973 e il 1988.

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L'11 settembre del 1973 rimarrà per sempre impresso nella storia e nell'anima del popolo cileno.

È il giorno del colpo di stato, architettato dal generale Augusto Pinochet, per rovesciare il governo democratico di Salvador Allende. Con l’11 settembre ha inizio una dittatura che durò per quindici anni.
Pinochet mise in atto un modello autoritario fondato sull'anticomunismo e sulla continua lotta contro ogni tipo di idea democratica.
Durante e dopo il golpe, furono commesse sistematiche violenze e violazioni dei diritti umani, si registrarono circa 28.259 vittime e 1.209 desaparecidos, uomini costretti a fuggire perchè accusati di organizzare azioni contro il governo.

Senz'altro il Cile di Pinochet visse un periodo di terrore e soprusi, ma non solo: fu sede di ricerca, sopratutto in ambito economico.

In particolare lo stato si rese protagonista della messa in atto di una politica economica basata sul neoliberismo, modello sviluppato da Milton Friedman, premio nobel nel 1976.
Poneva al centro della sua dottrina la moneta in quanto fonte, nel tempo, di potere d’acquisto per il consumatoree,di servizi produttivi per le imprese in concorrenza con le attività finanziarie e i capitali fisici, cioè le risorse non umane, come ad esempio impianti o immobili, utilizzate per produzione e vendita dei beni.
La dottrina di Friedman cominciò a essere diffusa agli inizi degli anni ’70, grazie ai finanziamenti da parte degli Sati Uniti e compagnie americane come la Fondazione Ford che avevano l'obiettivo di promuovere programmi accademici neoliberali in America Latina.
Il cosiddetto “Progetto Cile” prevedeva la formazione e l'indottinamento al neoliberismo di cento giovani cileni presso l'Università di Chicago, di cui Friedman era un importante esponente.
Il giorno seguente al colpo di stato di Pinochet, i “Chicago Boys”, ovvero gli studenti dell'Università di Chicago, emanarono un documento di cinquecento pagine in cui si delineavano le linee guida della nuova politica economica.
Le manovre attuate dal ministro José Piñera basate sul vademecum dei “Ragazzi di Chicago” chiamato “El Ladrillo”, puntarono alla privatizzazione di aziende statali e dei sistemi pensionistici, al taglio della spesa pubblica e alla liberalizzazione del mercato, al fine di ridurre l'inflazione che stava attanagliando il paese.
L'obiettivo fu parzialmente raggiunto, in termini di crescita del PIL che registrò una modesta crescita, anche se questo non fece altro che aumentare la disuguaglianza tra classi sociali.
Infatti, i beneficiari della manovra furono solo il 10% della popolazione, ovvero, quella ristretta cerchia di potenti che riuscì a trarre beneficio da questa politica economica.

Nonostante il “miracolo Cileno”, cosi definito da Milton Friedman, oggi il Cile fa parte dei 15 paesi con la maggiore disuguaglianza economica, questo è frutto della “rivoluzione neoliberista” portata avanti da Augusto Pinochet.

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